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Dopo esserci preventivamente accordati, partiamo con il nostro Signor Bob alla volta dei tristemente famosi campi di sterminio. Non avendo fatto nemmeno colazione, verso le 14:30 a metà del tragitto, prima che la fame sterminasse anche noi, ci facciamo accompagnare in un ristorante per il pranzo. Scampato il pericolo riprendiamo il nostro viaggio.
Ad un certo punto ferma la macchina e ci mostra una fabbrica dismessa dicendoci che i tour ufficiali non lo fanno mai vedere perchè troppo lontano dagli altri 2 (che sono vicini tra loro) ma quello era Auschwitz III. Chi finiva la dentro aveva qualche speranza di sopravvivenza perchè era un campo di lavoro. La manodopera a basso costo costituita dai deportati condannati a morte, servì inanzitutto alle S.S. ma anche ai grandi consorzi industriali che cominciarono nella primavera del 1941 a costruire fabbriche in prossimità del campo.
Tra i colossi industriali citiamo la I.G Farben, la Hermann Goering Werke, la Siemens-Schuckertwerke, la Kruppe e altre industrie minori.
Ma facciamo un passo indietro e parliamo di Oswiecim, cittadina a 70 km da Cracovia, meglio nota col funereo nome tedesco di Auschwitz. Qui era situato il Konzentrazionslager Auschwitz-Birkenau, il più esteso campo di sterminio nazista.
In Polonia furono aperti molti lager ma furono distrutti quasi tutti dagli stessi nazisti per nascondere le mostruosità compiute. L’occultamento fu spesso vano a causa della massa di testimonianze raccolte successivamente.
Nel caso di Auschwitz, quando i sovietici lo liberarono nel ’45 trovarono un campo semi-distrutto, poi ricostruito fedelmente grazie alle molte testimonianze.
L’area su cui si estendeva era vastissima, divisa in tre parti: Oswiecim (Auschwitz I), Brzezinka (Auschwitz II-Birkenau) e Monowice (Auschwitz III), più 39 sottocampi posti in diverse località.
Auschwitz I
L'arco d'ingresso del lager reca ancora la beffarda scritta "Arbeit macht frei": il lavoro rende liberi. Questo, infatti, era un campo di lavoro in cui migliaia di deportati sopportavano ritmi massacranti, sottoposti ad una disciplina feroce e in condizioni climatiche, igieniche, sanitarie ed alimentari spaventose.
Creato nel 1940, raccolse milioni di deportati provenienti da 28 nazioni. Sopravvissero in poche migliaia.
Il folle progetto chiamato Soluzione Finale prevedeva lo sterminio della minoranza ebraica dalle zone occupate dai nazisti, ma per quelle baracche passarono anche dissidenti politici, criminali comuni, zingari, omosessuali, invalidi e molti altri.
Superato l’arco si cammina tra basse costruzioni in muratura al cui interno sono esposti angoscianti cimeli: un’urna piena di cenere umana, montagne di capelli, spazzole, protesi, occhiali, scarpe e tutti i beni di cui erano spogliati i prigionieri, tranne quelli preziosi, riciclati immediatamente.
All'interno di altri padiglioni si trovano percorsi specifici dedicati a tutti i Paesi europei e non, Italia compresa, da cui furono deportati dei prigionieri in questi campi.
Qui funzionavano anche dei laboratori per esperimenti chimici o di sterilizzazione di donne e uomini, ed è possibile osservare alcune attrezzature dell’epoca.
Nei pressi dell’ingresso si trovano due forni crematori usati per le "emergenze", poiché il campo di sterminio vero e proprio, Birkenau, si trova a 3 km di distanza.
Auschwitz II
Qui si trova la stazione ferroviaria, ritratta in Schindler’s List di S. Spielberg o nel recente La vita è bella di Benigni, in cui avveniva la prima selezione dei prigionieri. Serviva a separare gli abili al lavoro, spediti altrove, da coloro, generalmente vecchi e bambini, destinati immediatamente ai forni crematori.
Birkenau, infatti, aveva la funzione di campo di sterminio, con decine di forni e baracche in cui i prigionieri aspettavano l’esecuzione anche giorni, in condizioni difficilmente immaginabili.
Alla fine del binario principale si trova un commovente monumento alle vittime.
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