Atene 2

Sabato 26 ottobre 2019

Sveglia verso le 8:30, scendiamo a fare una bella e sostanziosa colazione a buffet (compresa nel prezzo della camera) e alle dieci usciamo diretti all’Acropoli. Iniziamo subito con il “bersaglio grosso”.

Arrivati alla cassa, provvediamo a mettere una bella toppa sul deficit greco, acquistando due biglietti a 30 euro ciascuno. Per carità, abbiamo scelto quelli completi che danno diritto a una tutta una serie di monumenti (che probabilmente non avremmo visitato) ma il prezzo non è proprio economico.

Dopo dieci di minuti di attesa, a causa di una ventina di persone in fila davanti a noi, finalmente riusciamo a entrare dentro l’area archeologica e la prima cosa che incontriamo varcati i tornelli è il Teatro di Dioniso, una sorta di “Maracanà” degli antichi greci.

Costruito nel VI secolo a.C., infatti, il Teatro di Dioniso (Θέατρο του Διονύσου) fu il teatro più grande costruito nell’Antica Grecia, con una capienza per circa 17.000 spettatori. Dedicato a Dioniso, dio del vino e del teatro, fu il teatro più importante del mondo greco nel V e IV secolo a.C. e venne utilizzato dai più significativi autori greci (Eschilo, Sofocle ed Euripide per la tragedia, Aristofane e Menandro per la commedia) per mettere in scena le loro opere.

Dopo esserci seduti brevemente sulle scalinate, sentendoci per qualche istante come gli antichi greci, proseguiamo il nostro cammino e troviamo i resti del Santuario di Asclepio (Ναός του Ασκληπιού). Le tre colonne di marmo bianco (evidentemente ristrutturate da poco), unica cosa rimasta in piedi, erano parte di un tempio costruito intorno al 420 a.C., sotto il Partenone e subito dietro alla Stoà di Eumene e al teatro di Dioniso.

Andando avanti sulla destra, subito dopo la Cisterna Bizantina (Βυζαντινό Υδραγωγείο), come un’oasi nel deserto, all’ombra di una tettoia ci appare un rubinetto dell’acqua. Mi avvicino, vedo che non c’è nessun tipo di avviso, per cui provo a fare un sorso. Le tubature in parte esterne al terreno, però, fanno sì che la temperatura sia più adatta a cuocere la pasta che per bere. Nemmeno dopo averne fatta uscire parecchia. Penso che la situazione si addica molto ad una candid camera, vista la reazione di tutte le persone che hanno tentato di berla, come ho fatto io.

Poco più avanti nel nostro cammino, troviamo l’Odeon di Erode Attico (Ωδείο Ηρώδου του Αττικού), un anfiteatro in pietra, originariamente coperto e pensato per esecuzioni musicali. Costruito a partire dal 161 e completato prima del 174, fu fatto erigere dal ricchissimo politico e sofista greco Erode Attico in memoria della moglie Appia Annia Regilla. Le gradinate, a differenza del precedente teatro di Dioniso, in questo caso sono state completamente ristrutturate.

Continuiamo a salire ancora un po’ e arriviamo quasi alla meta, al pianoro dell’Acropoli, ma manca solo un ultimo passaggio: quello di “dribblare” la moltitudine di persone sedute sulle scale, tra il Monumento di Agrippa (Βάθρο του Αγρίππα) e il Tempio di Atena Nike (Ναός Αθηνάς Νίκης). Un po’ per la stanchezza, infatti, mista al panorama meraviglioso di quella posizione, le persone sono sedute ovunque e in certi punti si fatica persino a passare.

Per quanto riguarda la parte storico artistica, come dicevo, ai lati della scalinata troviamo il Monumento di Agrippa che altro non è che una base commemorativa dell’epoca ellenica, fatta di marmo blu dai monti Imetto (Ymittos – Υμηττός). La statua originariamente posta su questa base era un carro di bronzo, costruito in onore di Eumenes II di Pergamo nel 178 a.C., per commemorare la sua vittoria nella corsa dei carri dei Giochi Panatenaici ma i romani in seguito la sostituirono con una statua del loro comandante Agrippa, da cui oggi prende il nome il monumento. Anche la base era originariamente circondata di bronzo.

Il tempio di Atena Nike (o tempio della Nike Aptera) che si trova di fronte è uno dei principali monumenti dell’Acropoli di Atene. Costruito probabilmente intorno al 425 a.C. in ordine ionico, è un tempietto ornato nei fregi di preziosi bassorilievi che narrano vicende di una battaglia fra Greci e Persiani (probabilmente Maratona). Questo esempio di architettura dell’epoca classica, probabile opera dell’architetto Callicrate, coautore del Partenone, è stato il primo edificio in stile completamente ionico dell’Acropoli; tutti gli altri edifici presentano originali fusioni di stile ionico e dorico.

Saliamo gli ultimi scalini e arriviamo ai Propilei (Προπύλαια), l’ingresso monumentale dell’Acropoli. La loro costruzione ebbe inizio nel 437 a.C. e furono completati nel 432 a.C.. Per estensione sono stati chiamati propilei anche altri monumenti dello stesso tipo. È uno spettacolo passare sotto quell’ingresso imponente edificato per volere di Pericle ma lo è ancora di più quando si esce dalla struttura e ti trovi davanti lui, il Partenone. Credo di aver provato un’emozione simile poche volte nei miei viaggi.

Il Partenone (Παρθενώνας), tempio greco di ordine dorico dedicato alla dea Atena, è il più famoso reperto dell’antica Grecia ed è stato lodato come la migliore realizzazione dell’architettura greca classica. Le sue decorazioni sono considerate alcune dei più grandi elementi dell’arte greca. Il Partenone è un simbolo duraturo dell’antica Grecia e della democrazia ateniese ed è universalmente considerato uno dei più grandi monumenti culturali del mondo. La sua costruzione è attribuita agli architetti Ictino e Callicrate, sotto la supervisione dello scultore Fidia responsabile dell’intero complesso, e fatta risalire al 447 a.C. quando si volle sostituire una struttura incompleta, di cui però venne copiata la tipologia, i materiali e la pianta. Il tempio del Partenone è dedicato ad Atena Parthenos, la Vergine, protettrice della città. La costruzione del Partenone si protrasse per 9 anni mentre la decorazione scultorea fu completata nel 432 a. C.. L’enorme statua di Atena Parthenos posizionata all’interno, considerata una delle meraviglie del mondo antico, era alta 12 metri e per costruirla vennero utilizzati 1.140 chili d’oro (costo equivalente di una flotta di oltre 200 navi).

Di fronte al Partenone, il tempio dell’Eretteo (Ερέχθειο), il vero cuore della vita religiosa dell’Acropoli e della città di Atene. Pare sorga sul punto in cui ci sia stata l’antica disputa tra la Dea Atena e il Dio Poseidone per il “dominio” della città di Atene.

La costruzione fu iniziata da Alcibiade nel 421 a.C. anche se i lavori furono subito interrotti a causa della spedizione in Sicilia. L’architetto fu probabilmente Filocle, secondo altri invece fu Fidia. Durante il periodo della fase deleceica della guerra del Peloponneso furono poi ultimati i lavori. La costruzione di questo edificio, destinato ad ospitare i rituali religiosi, iniziò nel 420 a.C., in piena guerra del Peloponneso, per essere terminata nel 406 a.C.. Nato con la vocazione di sostituire il vecchio tempio, il lato ad est dell’Eretteo (Ερέχθειο) era dedicato ad Atena Polia (Αθηνά Πολίας) mentre la parte ovest era dedicata a Poseidone.

Il tempio è insolito in quanto incorpora due portici, uno a nord-ovest che è sostenuto da alte colonne ioniche e uno presso l’angolo sud-ovest che è sostenuto da 6 statue femminili alte circa 6 metri, le famose Cariatidi (Καρυάτιδες). Proprio le Cariatidi, con la loro forma sinuosa, che sembrano sostenere il “tetto” della loggia, sono diventate la caratteristica principale dell’Eretteo (Ερέχθειο). Queste figure femminili sono repliche esatte delle originali oggi custodite nel museo dell’Acropoli (una si trova al British Museum). Piccola Curiosità, i vestiti delle Cariatidi in origine erano colorati.

Tra l’Eretteo e il Partenone, spuntano dal terreno i resti di quello che fu il tempio di Atena Poliàs (Αθηνά Πολίας) o Hekatompedon (Εκατόμπεδος), un antico tempio costruito in calcare nel periodo arcaico. Edificato intorno al 570-550 a.C., fu demolito dagli Ateniesi nel 490 a.C., al termine della Prima guerra persiana, dopo la vittoria sui Persiani nella battaglia di Maratona, per costruire un tempio più grande conosciuto come il vecchio Partenone. Quest’ultimo fu distrutto nel 480 a.C. durante la seconda guerra persiana e infine sostituito dall’attuale Partenone.

Giriamo un po’ per l’Acropoli, ammirando quegli inestimabili tesori della storia greca, godendo della vista a 360 gradi sulla città e dopo qualche foto scendiamo per raggiungere l’Areopago (Λόφος Αρείου Πάγου), una piccola collina di 110 metri di altezza situata tra l’Agorà e l’Acropoli. L’Areopago viene chiamato anche collina di Ares perché secondo la mitologia, fu su questa altura che Ares fu processato e poi assolto dal consiglio degli dèi per l’assassinio di Alirrozio, figlio di Poseidone, sostenendo di essere stato indotto al deicidio per proteggere la sua stessa figlia, Alcippe, da attenzioni indesiderate.

Una cosa importante da ricordare è che su questa collina nell’antica Grecia, prima del sorgere della democrazia, si riuniva un tribunale, presieduto dal re e formato da un collegio, che giudicava i cittadini per delitti di sangue e omicidi compiuti con premeditazione. Nell’Atene democratica la collina divenne sede dei processi per omicidio, tradimento e corruzione che venivano portati per l’appunto davanti al Consiglio dell’Areopago. Anche per i cristiani questo luogo è molto importante, L’Areopago, infatti, è la famosa collina in cui San Paolo, tra il 49 e il 50 d.C. tenne il suo famoso Discorso del Dio ignoto, come descritto negli Atti degli apostoli, riuscendo a convertire il primo ateniese, Dioniso, che divenne così il santo patrono della città.

Oltre al valore storico-religioso e la vista panoramica, su quella roccia non c’è nulla di particolare per cui, quando manca un quarto alle 15, lasciamo l’Acropoli e torniamo verso il centro a cercare un ristorante per il pranzo.

Una volta rifocillati e riposati, ci rimettiamo in movimento e proseguiamo la nostra visita alla città. Iniziamo con l’Arco di Adriano e il vicino Tempio di Zeus Olimpo che ci troviamo di fronte uscendo dal quartiere Plaka, dove abbiamo appena mangiato.

L’Arco di Adriano (Πύλη Αδριανού) è un monumento commemorativo, costruito dagli ateniesi per celebrare l’arrivo ad Atene dell’imperatore romano Adriano, nonché per ringraziarlo del suo amore per la città di Atene. Nonostante i diciotto metri di altezza, la pressoché totale conservazione strutturale e l’importanza storica di circa diciannove secoli, l’opera monumentale è lasciata un pochino in abbandono; si è voluto deturparlo costruendoci a ridosso una strada trafficata. Si presta comunque a farsi immortalare da un lato con l’Acropoli sullo sfondo e dall’altro col tempio di Zeus, dato che pare segnasse il limite delle vecchie mura tra la città vecchia e la nuova.

Del maestoso Tempio di Zeus Olimpio (Ναός του Ολυμπίου Διός), costruito duemilacinquecento anni fa e composto da centoquattro colonne corinzie alte ognuna ben diciassette metri, non rimane moltissimo, solo una quindicina di colonne, ma veramente imponenti che comunque danno l’idea delle dimensioni della struttura. Si tratta del tempio più grande costruito in Grecia durante il periodo ellenistico e il periodo romano e non poteva essere altrimenti dato che era dedicato al padre di tutti gli dei.

Il tempio era costruito in marmo pentelico e misurava 108 metri in lunghezza e 41 in larghezza. Consisteva in 104 colonne corinzie, ognuna alta 17 metri. Solo 15 di queste colonne rimangono tuttora in piedi. La sedicesima colonna venne colpita da un fulmine durante un temporale nel 1852 e cadde sull’antica pavimentazione del tempio, dove è stata lasciata. Dell’imponente tempio rimangono, oltre alle colonne, il crepidoma (la piattaforma a gradini rialzata in pietra sulla quale era costruito il tempio) e alcune porzioni dell’architrave tripartito.

Una visita la merita, in particolare se avete acquistato il biglietto multi accesso che consente di vedere anche altre attrazioni: l’Acropoli, l’antica Agorà, l’Agorà romana, la Libreria di Adriano, il Ceramico e il Liceo di Aristotele. Con tutto il rispetto per la storia, la cultura e tutto il resto, pagare un biglietto da 6 euro (dal primo novembre al 31 marzo 3 euro) per vedere i resti di qualche colonna è francamente un po’ eccessivo.

Fatto un giro tra i resti del tempio, a dire il vero quasi due, dato che pensavamo di passargli attorno ma alla fine abbiamo trovato il percorso sbarrato (e siamo dovuti tornare indietro), usciamo per passare al vicino Stadio Panathinaiko (Παναθηναϊκό Στάδιο), l’antico stadio olimpico di Atene.

Da Wikipedia – Lo Kallimarmaron Panathinaiko stadio (Παναθηναϊκό Στάδιο, traduzione “Stadio di tutti gli Ateniesi”), noto anche come Kallimarmaron (dei bei marmi), è uno stadio storico, l’unico grande stadio al mondo costruito interamente con marmo pentelico. Lo stadio è inoltre famoso per aver ospitato gli eventi principali dei Giochi della I Olimpiade, dei Giochi olimpici intermedi ed alcuni eventi dei Giochi della XXVIII Olimpiade. A partire dal 2004 questo Stadio appare come sfondo sulle medaglie olimpiche.

Bellissimo ed emozionante stare al cospetto di questo maestoso edificio che ha visto nascere le Olimpiadi antiche del 400 a.C. e quelle moderne del 1800. Vivere il luogo da cui parte la fiamma Olimpica ti fa sentire parte della storia. Vedibile anche dall’esterno ma se si vuole entrare si paga 5 euro, con audio guida inclusa e visita della collezione di torce olimpiche.

Spostandoci dallo Stadio Panathinaiko, seguendo la lista dei ingressi compresi dal nostro biglietto multi accesso, passiamo al vicino Lykeion (Αρχαιολογικός Χώρος Λυκείου Αριστοτέλους), luogo dove Aristotele fondò la scuola che fu chiamata Liceo. Sito alle pendici meridionali del Licabetto (Λυκαβήττος), era un luogo esteso tanto da essere adatto alle esercitazioni militari. Pericle vi aveva fondato un ginnasio successivamente ampliato da Licurgo. Il nome della località derivava da un santuario dedicato ad Apollo Licio.

Purtroppo arriviamo alle 17:50, cinque minuti dopo la chiusura degli ingressi (quella dell’area è alle 18) ma la signora alla cassa è irremovibile e quindi siamo costretti ad andarcene. Visto l’orario, decidiamo di raggiungere la più vicina stazione della metro (Evangelismos) e tornare in hotel.

Lungo il breve tragitto per la stazione (a poche centinaia di metri) c’imbattiamo in alcuni mezzi militari parcheggiati in un piazzale che ovviamente andiamo vedere. Si tratta del Museo della Guerra (Πολεμικό Μουσείο), il museo delle forze armate greche. Fondato nel 1975, il suo scopo è la mostra di manufatti, armi e le relative ricerche nella storia della guerra. Si ripercorre la storia della guerra in tutte le età. Le collezioni del museo comprendono la raccolta del dell’esercito greco, con reperti provenienti da altre civiltà come la Cina e il Giappone.

Andiamo purtroppo di fretta e non abbiamo la minima intenzione – se mai fosse aperto – di entrare all’interno di un museo. Facciamo quindi due foto agli aerei, all’elicottero e a qualche siluro sistemato nel piazzale e andiamo a prendere la metro. Verso le 18:30, dopo una giornata abbastanza intensa, siamo finalmente in hotel.

Usciamo poco dopo le 21 e ci rechiamo a Syntagma per cenare in uno dei tanti ristoranti nei pressi della piazza, tutti molto affollati in questo mite sabato sera ateniese di fine ottobre. Scegliamo i tavoli all’aperto (quasi vicino al marciapiede) di Tzitzikas kai Mermigas (Ο Τζίτζικας και ο Μέρμηγκας), una taverna graziosa a pochi passi dalla piazza principale. Anche qui, insieme allo shortino omaggio di benvenuto accompagnato da un piattino di olive, ci arriva l’avvertenza di stare attenti alle nostre cose. Evidentemente c’è una particolare emergenza furti ad Atene, dato che veniamo bombardati di avvisi sia scritti che orali.

Ottimo cibo, personale cortese, servizio veloce e prezzi giusti per la zona centrale in cui ci troviamo. Questa è la mia sintetica recensione del ristorante che lasciamo verso le 23 per una passeggiata alla Plaka (Πλάκα), una delle aree più attraenti e frequentate della città, che si estende ai piedi del Partenone. In effetti gli arriviamo proprio sotto e ci troviamo in una via meravigliosa che sale su una piccola collina, con i tavoli all’aperto dei locali sistemati sulla scalinata, le luci soffuse e una vista incredibile sull’Acropoli illuminata. Uno scenario meraviglioso.

Proseguiamo la serata spostandoci a Gazi (metro Kerameikos), quartiere trendy che si sviluppa intorno a Technopolis, un’officina del gas ristrutturata e divenuta un museo industriale e un’importante sede culturale della città con gallerie d’arte contemporanea e un locale per concerti di musica indie, jazz ed etnica. Nelle strade decorate con murales, attorno a piazza Gazi, si trovano taverne, ristoranti internazionali e club e bar affollati fino all’alba. Gallerie locali e negozi stravaganti vendono opere di artisti greci. In alcuni locali, quelli più di tendenza, una folla di giovani all’esterno in attesa di entrare.

Dopo aver girato un po’ per questo quartiere della movida, ci prendiamo una birra da Cartone all day Bar-Restaurant, un posto particolare, molto carino, con decori di cartone (non poteva essere altrimenti visto il nome) come una Jeep Willis e una Vespa a grandezza naturale.

Verso l’una e mezza lasciamo il locale e scendiamo a prendere la metro che è proprio di fronte (Kerameikos – Κεραμεικός) ma visto l’orario, i treni non sono così frequenti come di giorno e per tornare a Larissa ci mettiamo più di mezz’ora.

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