Giovedì 23 giugno 2011
Essendo andati a letto prestissimo, la sveglia alle otto era più che accettabile ed alle 9:30 siamo usciti decisi e determinati per andare a vedere “qualcosa” nella Piazza Rossa. Come il giorno precedente però, quando arriviamo troviamo tutto sbarrato e presidiato dalla polizia (che fino a poco tempo fa si chiamava “milizia”) ma stavolta l’area vietata era ristretta solo alla piazza e non ampia come il giorno prima.
Nonostante gli sbarramenti, troviamo però una fila lunghissima per entrare ed accostandoci per vedere di cosa si trattasse, veniamo avvicinati da un ragazzo, con faccia da boyscout, il quale ci chiede, in italiano quasi perfetto, se vogliamo una visita guidata alla Piazza Rossa ed al Mausoleo di Lenin. Per vincere le nostre reticenze, gioca anche il jolly, aggiungendo che con lui saltiamo la fila ed entriamo subito.
Ci pensiamo due secondi e poi accettiamo senza problemi, pagando anche anticipatamente i mille rubli richiesti. Ero proprio curioso di vedere come avremmo fatto ad evitare tutta quella coda e dopo essere passati davanti a tutti, abbiamo capito il trucco. La mamma del ragazzo era li a tenere il posto, pronta ad entrare appena il figlio portava qualche “cliente”. Nonostante questo trucco però, qualcuno di quelli che abbiamo sorpassato, si sono lamentati.
Grazie alla signora, entriamo finalmente all’interno del perimetro recintato e subito dopo ci dice che lei non ci può accompagnare dentro al Mausoleo ma che ci avrebbe atteso fuori. Abbiamo sentito puzza di truffa lontano un chilometro ma a quel punto non potevamo fare altro che fidarci, visto che avevamo già pagato.
L’ingresso al mausoleo di Lenin è gratuito ma non potendo portare nessun apparecchio in grado di fare foto o riprese, bisognava lasciare telefonini e macchine fotografiche in custodia, pagando una quarantina di rubli (c’erano prezzi diversi per macchine fotografiche, borse o cellulari).
Dopo un lungo giro da fare all’esterno, entriamo nel monumento sepolcrale e prima di vedere la il corpo mummificato, veniamo controllati da un poliziotto. Finalmente ci siamo, entriamo in una stanza buia dove un paio di faretti illuminano un corpo che sembra di cera e la cosa che noto, non so per quale motivo, è la mano destra chiusa a pugno.
Quando usciamo, nonostante il forte sentore di truffa, la guida era invece ad attenderci e ci ha istruito sul processo di mummificazione russo usato per Lenin. Ci ha detto che erano stati fatti dei tentativi sia da egiziani che da cinesi, prima di trovare un metodo veramente perfetto, studiato ed eseguito da scienziati russi. Ci ha voluto anche far credere che i capelli e le unghie della mummia crescono ancora e vengono tagliati da coloro che sono adibiti alla cura di quel corpo, nei periodi di chiusura del mausoleo, oltre ad intervenire con il ricambio di quelle sostanze che ne garantiscono la perfetta conservazione. Per il discorso della mano destra, ci ha detto che dipende da uno dei primi tentativi di mummificazione non riusciti che hanno rovinato alcune dita e per non farlo vedere gli hanno chiuso la mano a pugno.
Ero abbastanza preparato sulla mummia di Lenin e quando le ho detto, garbatamente, che milioni di siti internet dicono che si tratta di una statua di cera, la signora si era un po seccata.
Visto che avevamo questo pozzo di scienza a disposizione, le ho chiesto anche riguardo al quadro di Ivan in terribile che avevo visto alla galleria Tret’jakov e lei mi ha spiegato che questo, adirato con il figlio per via del comportamento della moglie (questione di vestiti troppo vistosi o qualcosa di simile) gli diede un colpo in testa con un bastone e l’uccise. Ci ha dato anche tante informazioni sulla cattedrale di San Basilio, tra le quali ricordo che le otto cupole intorno stanno a significare le diverse religioni e la nona più grande centrale raffigura quella cristiana, più alta ed importante.
Un’altra cosa che avevo letto su internet e che la signora non ha gradito sentire è stata la storia che narra del progettista della chiesa che al termine della realizzazione, è stato accecato dallo zar per evitare che ne facesse un’altra altrettanto bella. Lei mi ha risposto stizzita dicendo che non è vero niente e che si tratta solo di leggende.
Devo dire che la signora è stata molto professionale, perché il figlio, forse avendo dei nuovi clienti, ad un certo punto la stava tempestando di telefonate ma lei imperterrita le ignorava, continuando a parlare con noi.
Salutata la guida, visto che eravamo dentro la piazza e che la stessa era chiusa, prima di uscire abbiamo pensato bene di visitare quello che c’era all’interno, iniziando dal “Museo Storico Statale”, per modica cifra di 380 rubli.
Da internet: Il Museo Storico Statale è il museo di storia russa situato tra la Piazza Rossa e la Piazza del Maneggio.Le sue esposizioni variano da oggetti appartenuti a tribù preistoriche fino ad opere d’arte di valore inestimabile acquisite dai membri della dinastia Romanov. Il museo di Stato è stato istituito nel 1872 su iniziativa della comunità scientifica russa. Le opere di costruzione durarono dal 1875 al 1881, e sono state dirette dagli architetti Shervud e Semonov. Articoli e monumenti che rappresentano la storia e la cultura delle tradizioni della multinazionale russa vennero portate al nuovo museo da tutte le regioni della Russia. La raccolta è stata poi arricchita anche da donazioni private. Grazie agli sforzi di scienziati russi, archeologi e storici, sono stati raccolti ed esposti più di 4 milioni di oggetti.
Trattasi si quell’edificio a mattoncini rossi che si trova al lato opposto di San Basilio e dove all’interno si può fare un lungo viaggio temporale nella storia russa, dagli scheletri preistorici agli abiti degli zar, dalle corna di qualche animale della steppa fino alle carte da gioco dei nobili dell’ottocento, a divise militari, gioielli ed arredi. La cosa che mi ha colpito di più è stata vedere delle carrozze, le classiche carrozze con i cavalli che invece delle ruote avevano le slitte.
Al termine di questo bagno di cultura, si erano fatte le 12:30 e siamo andati al solito self service del GUM per mangiare dei buoni pelmeni. Arrivati allo Stolovaya n.57 però, scorrendo le pietanze disponibili, non riuscivo a trovare questi tortelloni russi. Ho chiesto alla ragazza che preparava le porzioni, pensando che magari non li vedevo io, e questa mi sorprende andando in cucina a chiedere al cuoco. Dopo due secondi se ne esce dicendo: “wait some minutes”. Cavolo, preparano i pelmeni solo per noi! L’unico self-service che prende le ordinazioni.
Finito di mangiare, abbiamo preso la metro per Universitet, volendo andare a vedere il maestoso palazzo dell’università. Usciti dal sottosuolo, dopo una discreta camminata, siamo arrivati finalmente di fronte al gigantesco palazzo e ci siamo seduti un momento alla fermata dell’autobus, proprio li davanti. Con mi grande stupore, sentivo un ragazzo seduto accanto a noi parlare al telefono e riuscivo a capire tutto quello che diceva. Per forza, era italiano!
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere e ci ha detto di essere pugliese, che era a Mosca per fare l’università perché aveva conosciuto una ragazza russa e si trovava molto bene in quel posto. Gli ho chiesto anche se sarei potuto entrare in qualche modo e salire all’ultimo piano (per vedere il panorama) ma mi ha subito stoppato dicendomi che c’erano controlli molto serrati e che, se non eri uno studente, sarebbe stato praticamente impossibile entrare.
Camminando per i giardini dell’università, passiamo vicino ad una grande, nonché unica statua presente e vedendo il nome dico a Simone: “questo è Lomò.. Lobò.. Lomonosov, a cui è intitolata l’università”. Sentendo la mia pronuncia, una ragazza cinese che passava di li non ha resistito e mi ha dovuto correggere, pronunciando il nome in un russo perfetto. Parlando un po ho scoperto che non vengono solo dall’Italia per studiare a Mosca ma addirittura dalla Cina. Le ho chiesto come si trovasse con la lingua, dopo due anni che era li e questa mi ha detto che parlava meglio il russo che l’inglese ed il suo inglese era molto buono. Che testa deve avere un cinese per imparare il russo e l’inglese, due lingue ma soprattutto due alfabeti diversi.
Alle 16 abbiamo ripreso la metro per tornare in hotel.
Arrivati dopo una trentina di minuti, ci sembrava presto per tornare in camera ed avendo forze a sufficienza abbiamo fatto un giro al mercatino sotto l’hotel, che si chiamava appunto Izmailovo’s Kremlin (cremlino significa semplicemente fortezza, nessun significato politico). Comodissimo avere sotto l’hotel il più grande mercatino di Mosca ma dopo un’ora ce giravamo non avevo trovato una tshirt che mi piacesse. Simone invece aveva iniziato alla grande i suoi acquisti, comprando un po di tutto.
Della visita al mercatino purtroppo non posso esibire documentazione fotografica perché le ultime foto disponibili sono quelle dell’università e tutte quelle dopo, fino al giorno successivo, sono volate via insieme alla fotocamera, del cui smarrimento/furto parlerò più avanti.
Giusto il tempo di una doccia ed esco di nuovo (18:40) per andare in centro, dove c’era Anna che ci stava aspettando. Simone ha continuato a riposare con l’intento di raggiungerci più tardi. Facciamo un giro per le bancarelle, in cerca di souvenir e poi ci sediamo su una panchina vicino al Bolshoi ad aspettare Simone. Il compagno di viaggio, espertissimo di strade, si è trovato un po in difficoltà con la metro perché il suo metodo per ricordarsi la fermata era di contarle e non leggeva il cirillico. Fatto sta che dopo essere sceso in una fermata diversa, alla fine ha trovato la retta via ed alle 20:40 finalmente ci raggiunge.
Anna per fortuna era riuscita a trovare l’adattatore per la spina del computer ed anche se a vista non sembrava quello giusto, avrei dovuto provarlo per esserne certo.
Arrivato Simone si poteva andare a mangiare e come tradizione, il pranzo al Gum e la cena al Mac. Abbiamo cercato di fare il più presto possibile perché quella sera ci sarebbe dovuto essere il concerto dei Linkin Park ma con tutta quella folla non ne siamo usciti prima di un quarto alle dieci. Anna nel frattempo se n’era andata e noi ci siamo diretti verso la Piazza Rossa per assistere a questo concerto che credevamo iniziasse ad un orario normale, un tipico orario da concerto, le 22 ma sarebbe andato bene anche alle 21:30.
Non sapevamo nemmeno se fosse stato gratuito ma essendo in una piazza, come facevano a far pagare? Abbiamo dedotto che sarebbe stato PER FORZA gratis. Visto che il McDonald’s era appena fuori la Red Square, ci abbiamo messo due minuti per comprendere che avevamo sbagliato tutto e quasi un’ora per averne conferma.
La piazza era tutta recintata e da quel lato non si poteva entrare. Abbiamo cercato di passare dal Gum ma le uscite sulla piazza erano tutte sbarrate e presidiate ed a quel punto è iniziata l’Odissea. Ad ogni ostacolo pensavamo, “dai, dietro al prossimo incrocio ci sarà la possibilità di passare” ed invece trovavamo sempre sbarramenti e continuavamo a camminare fino alla via successiva. Nel frattempo avevo fatto amicizia con due ragazzi che come noi e decine di altre persone, cercavano in modo per entrare. Da questi ragazzi avevamo avuto la prima brutta notizia: forse il concerto non era gratuito.
Continuiamo a camminare e continuiamo ad incontrare poliziotti fino a quando arriviamo in una via lunghissima che ci avrebbe portato a destinazione. Saranno state quasi le dieci e mezza e stranamente qualcuno veniva in senso opposto, prima pochi e poi sempre di più. Qualcosa non quadrava. Perché qualcuno, evidentemente fan dei Linkin Park, camminava in direzione opposta a quella dello spettacolo?
Man mano che andavamo avanti, il numero delle persone che venivano in direzione opposta era sempre maggiore, fino a quando mancavano solo una cinquantina di metri per arrivare e siamo stati quasi sommersi dalla folla. Vabbè, evidentemente il concerto era terminato ad un orario sovietico e questi stavano sfollando la piazza ma come piccola soddisfazione volevo almeno vedere il palco, la scenografia, se c’era ancora qualcuno.. Sto cavolo!
Ad un certo punto, dietro alla moltitudine di persone, vediamo un cordone di polizia, formato da almeno un centinaio di agenti, che facevano sgombrare la folla. Dopo tutta quella camminata inutile, non abbiamo avuto nemmeno il tempo di metterci un minuto seduti ed abbiamo dovuto fare retromarcia e camminare per altri dieci minuti. Roba da matti, mai vista una cosa del genere. Con il servizio d’ordine russo, il concerto di Ligabue, con più centomila persone l’avrebbero sgombrato in mezz’ora.
La serata, che non era iniziata nel migliore dei modi, è proseguita in Arbat, dove siamo arrivati prendendo il primo taxi che abbiamo trovato. Nonostante avessimo avuto la metro a due passi, eravamo talmente pigri e stanchi da non voler fare nemmeno le scale mobili. In via Arbat non abbiamo trovato tanto movimento e fatto un paio di giri, ci siamo seduti al tavolo di un bar per bere qualcosa. basta. Saranno state le undici e mezza e c’erano anche altre persone sedute ai tavoli.
Abbiamo aspettato inutilmente che qualcuno ci venisse a prendere l’ordinazione ma dopo un quarto d’ora ce ne siamo andati e visto che in giro erano rimaste pochissime persone, la birra ce la siamo fatta al solito bar dell’hotel.
All’una eravamo in camera e con mia grande gioia, l’adattatore per la spina del computer che mi aveva portato Anna, era quello giusto ed ho potuto finalmente riconnettermi con il mondo. Verso le tre, vinto dal sonno, ho spento tutto e mi sono messo a dormire anche io. Simone russava già da un po’.